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dalla "Gazzetta del sud" del 23/11/2012
“Raramente mi sono emozionato così tanto. Visitare la scuola del mio paese è come fare un tuffo nella mia infanzia”. Con queste parole commosse lo scrittore Carmine Abate, vincitore del 50° Premio Campiello con il romanzo “La collina del vento”, saluta gli scolari della Scuola Primaria di Carfizzi, paese natio dello scrittore. Una mattinata che i piccoli studenti hanno atteso con emozione, e con altrettanto entusiasmo hanno accolto Abate nella loro piccola scuola, insieme alle insegnanti, Marianna Leonetti, Maria Grazia Chiarello, Eugenia De Biasi, Rosa Petrungaro, e Pina Ferraro. La mattinata è iniziata con un ballo di buon augurio, su una trasposizione, liberamente tratta, dal primo romanzo di Abate, “Il ballo tondo”. Le piccole fate, di II e III classe, augurano “fatin e mire”, il “destino buono” allo scrittore. Avvicinare il mondo descritto dall’autore, al mondo dei bambini attraverso l’elemento magico, con una musica, di Leon Pantarei, che non appartiene alla tradizione ma alla contaminazione culturale. La mattinata è continuata con un “botta e risposta” tra l’autore e i bambini, lo scrittore ha risposto alle loro domande, facendo un viaggio a ritroso nella sua infanzia carfizzota e nei suoi ricordi di bambino. “Non avevo libri a casa, la mia era una famiglia di contadini, però ero un bravo ascoltatore. Sono uno scrittore perché ho saputo ascoltare le storie che gli anziani raccontavano, e non le ho mai dimenticate”. Per ricordare i momenti fondamentali della vita dell’autore, i bambini, in lingua arbereshe, hanno pensato ad una ricostruzione in rima. I bambini di IV e V classe hanno dato il benvenuto allo scrittore recitando una poesia da loro composta dal titolo “ Dua mir horin time”, “Voglio bene al mio paese”, e donato allo scrittore una raccolta di disegni sugli scorci caratteristici della comunità arbereshe “con l’intento di mantenere vive le radici della nostra appartenenza”. Nel corso dell’incontro, Abate, ha esortato i bambini a riflettere “sulla bellezza della nostra cultura, e sul fascino di essere nati in un paese arbereshe. Dovete continuare a parlare la nostra lingua e dovete insegnarla ai vostri figli. Chi perde la propria lingua perde se stesso”. L’importanza del plurilinguismo e del multiculturalismo, che l’autore sottolinea nei suoi libri, “spiegato” ad una platea di giovani studenti che con grande attenzione hanno seguito le “raccomandazioni” dell’autore. L’importanza della cultura, ricordando, accennando all’emigrazione, come “i nostri padri, i vostri nonni, sono partiti per dare a noi figli la possibilità di studiare, di istruirci. Ricordate: chi ha cultura è una persona libera”.
Viene riportato integralmente il testo della filastrocca che alcuni alunni hanno costruito, con l’aiuto dell’insegnante di arbëreshe, Mariana Leonetti.
La filastrocca ripercorre le tappe fondamentali della vita dell’autore, ma intende, anche, essere un riferimento alla vita di chi, per motivi di lavoro o di studio, ha dovuto lasciare la sua terra e andare “altrove”.
Karminuci biri jonë
ka Karfici vati Kutron.
Ka Kutroni vati te një pic
te ku djelli ngë ish një rikic.
Ka ande larta vati Amburg
e atie mësoj njetrë gjuhë.
Me grekun e me turkun ishin te shtëpia
me ata ka fiotu e ka shurbia.
Lojn e hajn shpizin
furizishkin e cacikin.
E kur pra Karfic ësthë tja
gjithë këto gjuhë gjegjn te gjtonja.
E te llibret e ka thon
se kio ësthë rikica jonë.
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